Se avete avuto modo di bazzicare la musica italiana tra gli anni ’80 e ’90, il titolo vi suggerisce già di che città stiamo parlando. Max Pezzali, allora ancora 883, lamentava la gente e le manie della sua città d’origine: Pavia, tranquillo centro universitario lungo il Ticino dove era impossibile trovare una brioche fresca quando si usciva dalla discoteca. Almeno, così era quando ero studentessa, e mi spiace ammetterlo, ma sono passati un po’ di anni. In questi giorni ci sono tornata per vedere un paio di mostre, un paio di amiche (con qualche birra di contorno), e un paio di librerie.

Quando ero studentessa, anche se pare strano, giravo poco per librerie. Le scarse risorse finanziarie e l’ottima diffusione delle biblioteche mi rendeva più adepta al prestito che non all’acquisto. Chiedendo alle amiche autoctone, anche loro parecchio dipendenti dalle biblioteche, sono stata indirizzata in due posti.
La prima, la libreria Delfino, me la ricordavo dai tempi dell’università. All’epoca era in piazza Vittoria, con le bancarelle aggettanti sotto i portici: cinque anni fa si è spostata in Piazza Cavagneria, dietro il duomo. Un’esposizione artistica ti accoglie all’ingresso, le pareti sono colme fino al soffitto, i pilastri riportano l’incipit delle grande opere della letteratura, e si sente acciottolio di tazzine e cucchiai. La libreria confina infatti con un locale e sono divisi solo da uno strato di libri.
Nulla di nuovo, no? Caffetterie e librerie stanno diventando sempre più realtà che si intersecano e lavorano insieme. Ecco, qui c’è invece l’esempio di una sinergia non proprio funzionante. Premetto che sono due realtà con proprietà e gestione diversa: non si è mai creata però una collaborazione valida. Le feste di laurea e l’happy hour talvolta disturbano le presentazioni e non si è mai riusciti a unire libri e rinfreschi.
Nulla di tutto ciò toglie valore a Il Delfino: è uno spazio ricchissimo, con case editrici indipendenti e poltroncine che ti invitano a sfogliare.
La tappa successiva è stata la libreria Cardano, in via Cardano 48, libreria d’arte presente in città da oltre 30 anni e che io non avevo mai sentito nominare. Mi piacerebbe giustificarmi dicendo che appare solo in una particolare fase della prima luna di primavera, ma la verità è che nei miei anni d’università, evidentemente, non sono andata troppo in caccia di posti così. Che errore e che spreco!

Entrando, ti colpiscono due cose: il profumo che ricorda quello dei sigari sbriciolati e il dirigibile che pende dal soffitto.

L’arte è ovunque: negli scaffali ripieni con cataloghi e volumi su ogni artista e movimento che possa venire alla mente, nel chiacchiericcio del proprietario che discute di perfomance e arte contemporanea con altri clienti che sembrano essere venuti lì apposta per scambiare impressioni. Il proprietario, il signor Pellegrin, può essere definito solo con la parola “galantuomo”: baffi bianchi, garbo nelle risposte e scuse per avermi fatto aspettare qualche minuto prima di farmi entrare. Sospetto fosse un modo per ingolosirmi facendomi sbirciare dalle vetrine. L’ultima sala della libreria è dedicata all’esposizione e vendita di gioielli di oreficeria e alto artigianato. Una piccola wunderkammer, ma più ordinata.
Giusto per togliere ogni dubbio e per scusarmi dei miei debosciati anni universitari, sono uscita da entrambe le librerie con dei pacchetti. In particolare, alla libreria Cardano, ho trovato una chicca, nascosta dietro pesanti tomi d’arte. Un volume che non mi sarei mai e poi mai aspettata di trovare in quel luogo e che persino il proprietario ha guardato sgranando gli occhi e chiedendomi dove fossi andata a pescarla. Ho il radar.
No, purtroppo non posso dire cos’ho trovato perché è un regalo di Natale e c’è il rischio che il destinatario passi di qui e lo scopra.
Jules